Estratto da “Farsaglia” Lucano
“L’inverno, serrato dal pigro cielo e dagli asciutti Aquiloni, addensato l’etere, tratteneva la pioggia nelle nubi.
Le nevi bruciavano le montagne, e le brine, destinate a dissolversi al primo apparire del sole, bruciavano le distese pianure; tutta la terra prossima all’orizzonte dove s’immergono le stelle, s’era disseccata e indurita al sereno invernale.
Ma quando a primavera l’Ariete, che trasportò Elle caduta, volgendosi a guardare le stelle accolse il caldo Titano, e di nuovo equivalendo le durate ai giusti pesi della Libbra, i giorni cominciarono a prevalere, allora Cinzia, lasciato il Sole, appena rifulse con il corno a stento visibile , scacciò Borea e s’infiammò al contatto dell’Euro
Con i soffi nabatei, l’Euro sospinse verso occidente tutte le nubi che trovò nel proprio cielo, e le nebbie che l’Arabo sente e quelle che esala la terra del Gange, e quante il primo sole ne lascia addensare, e quante ne aveva recate il Coro che offusca il cielo d’oriente, e quante avevano ricoperto gli indiani.
Le nubi involate dall’oriente arroventarono il giorno e non poterono incombere gravi sul centro del mondo, ma i nembi le rapirono in fuga.
L’Orsa e il Noto restarono privi di pioggia; l’umidità flui sulla sola Calpe.
Qui, alla frontiera dello Zèfiro, dove la volta dell’Olimpo delimita Teti, le nubi, ostacolate nello slancio, s’avvolsero in densi globi, e a stento lo spazio congesto accolse l’aria fosca che seprara la terra dall’etere.
E già premute dal cielo, si addensarono in piogge abbondanti e scrosciarono spesse: i fulmini non serbarono il fuoco
(Per quanto balenino frequenti, i nembi ne estinguono il guizzo)
Talvolta l’arcobaleno abbracciava il cielo con cerchio incompleto, quasi indistinto per la scarsa luminosità dei colori, e, bevendo l’Oceano, sollevava fino alle nubi i flutti involati e rendeva al cielo l’acqua caduta.
Poi defluirono le nevi dei Pirenei che il Titano non era mai riuscito a dissolvere, le rocce stillavano di ghiaccio infranto.
Allora l’onda che sgorga dalla fonti non seguiva il cammino consueto: tale abbondanza di acque si riversò dalle rive negli alvei…”